I nostri viaggi

Spitsbergen

Ricercatori e spiriti liberi: la porta dell’Artico sta cambiando

A nord del 66o parallelo inizia l’Artico, il regno degli orsi polari e delle balene. Da Spitsbergen gli esploratori un tempo partivano alla volta di una gelida solitudine. Oggi il confine del mondo sta cambiando. Ricercatori, spiriti liberi e artisti della vita viaggiano fin qui approdando in un territorio di riscoperta.

Nella stazione di servizio più a nord del mondo c’è un’atmosfera calda e accogliente. Ci sono sandwich e hot dog, oltre alle solite cianfrusaglie. Motoseghe, machete e gigantesche pale da neve. Sugli scaffali si trovano dei caschi, e vicino stivali invernali pesanti quattro chili, pronti a sfrecciare attraverso i fiordi ghiacciati. Fuori, vicino alle pompe di benzina, sono parcheggiate due motoslitte. Le motoslitte sono imbottite con pelle di renna e alle selle sono appesi dei fucili.

Omid, il benzinaio, indica una foto accanto all’ingresso. Mostra un orso polare che insegue un uomo attorno a un fuoristrada. “È successo laggiù in Alaska”, racconta Omid. “Ma potrebbe capitare anche qui in qualsiasi momento. Gli orsi polari vivono proprio dietro il villaggio.”

Il selvaggio ovest avrà sicuramente il suo fascino. Ma il selvaggio nord è tutta un’altra storia. E non c’è da stupirsi: Spitsbergen, in norvegese Svalbard, è la porta verso l’estremo nord del mondo. Al di là c’è ben poco. Solo deserto di ghiaccio, tempeste e un grigio mare polare.

Pionieri come Roald Amundsen e Fridtjof Nansen partirono da qui verso il Polo Nord. Dopo settimane di viaggio, fecero ritorno segnati dallo scorbuto e con le mani congelate.

Nella stazione di servizio più a nord del mondo c’è un’atmosfera calda e accogliente. Ci sono sandwich e hot dog, oltre alle solite cianfrusaglie. Motoseghe, machete e gigantesche pale da neve. Sugli scaffali si trovano dei caschi, e vicino stivali invernali pesanti quattro chili, pronti a sfrecciare attraverso i fiordi ghiacciati. Fuori, vicino alle pompe di benzina, sono parcheggiate due motoslitte. Le motoslitte sono imbottite con pelle di renna e alle selle sono appesi dei fucili.

Omid, il benzinaio, indica una foto accanto all’ingresso. Mostra un orso polare che insegue un uomo attorno a un fuoristrada. “È successo laggiù in Alaska”, racconta Omid. “Ma potrebbe capitare anche qui in qualsiasi momento. Gli orsi polari vivono proprio dietro il villaggio.”

Il selvaggio ovest avrà sicuramente il suo fascino. Ma il selvaggio nord è tutta un’altra storia. E non c’è da stupirsi: Spitsbergen, in norvegese Svalbard, è la porta verso l’estremo nord del mondo. Al di là c’è ben poco. Solo deserto di ghiaccio, tempeste e un grigio mare polare.

Pionieri come Roald Amundsen e Fridtjof Nansen partirono da qui verso il Polo Nord. Dopo settimane di viaggio, fecero ritorno segnati dallo scorbuto e con le mani congelate.

A Spitsbergen non si è semplicemente sulla stessa barca: qui si convive all’interno di un congelatore ai confini del mondo.

Longyearbyen è l’unico insediamento dell’arcipelago, abitato da appena 2.600 persone. C’è una sola stazione di servizio, un cinema, un grande supermercato. Una piccola via dello shopping, un minuscolo ospedale. L’unica strada asfaltata è lunga appena 15 chilometri e termina davanti a una miniera di carbone tra le montagne. Poi c’è solo il mondo selvaggio: 400 isole e scogli disabitati, dove vivono soltanto circa 3.000 orsi polari, insieme a renne, trichechi, foche e volpi artiche.

Non malgrado, ma proprio grazie a queste caratteristiche, Spitsbergen è una delle mete di viaggio più estreme del pianeta. Un angolo di mondo selvaggio con una storia austera. Una destinazione in cui l’avventura è garantita, ieri come oggi. Ma è anche un luogo in trasformazione, che assume un nuovo significato nel nostro tempo. Si potrebbe dire che oggi Spitsbergen è un esperimento visionario, semplicemente straordinario.

Omid Abolhasani, il benzinaio di 44 anni, non è arrivato a Spitsbergen dall’Iran come avventuriero, né come scienziato o eremita, ma come un sostenitore della vita. In cerca di lavoro, di uno stipendio dignitoso e di un’esistenza libera, approdò prima in Norvegia e poco dopo si trasferì a Spitsbergen. Le isole del Mar Glaciale Artico appartengono sì alla Norvegia, ma si trovano al di fuori dello spazio Schengen, al di là di ogni confine angusto. Qui nessuno gli chiese un visto. Nessuno badò al colore della pelle, alla religione o alla provenienza.

Quassù servono qualità diverse. Spitsbergen è un rifugio per chi sa sopportare la vita nella tundra gelata e ha il raro talento di riuscire a essere felice sulla sommità dell’emisfero nord. Mesi di buio ininterrotto. Un clima che può scagliarti addosso tormente di neve e ghiaccio anche in piena estate. Eppure, forse, sono proprio queste condizioni a trasformare le persone. Spitsbergen, dice Omid, gli ha cambiato la vita. “Qui ho conosciuto tanta gente. Ho trovato degli amici. È difficile da spiegare, ma è qui che ho conquistato la mia libertà.”

Alle pareti della stazione di servizio sono appese altre fotografie: aurore boreali danzanti, orsi polari, ghiacciai argentati. Tutti gli scatti sono stati realizzati da Omid. Da quando vive quassù, in mezzo al nulla, la fotografia è diventata la sua grande passione. Presto vuole aprire una galleria online, così il mondo intero potrà vedere le sue opere. Omid racconta: “All’inizio pensavo di essere naufragato a Spitsbergen. Ma dopo uno o due anni ho capito che, invece, era proprio questa la mia meta.”

Si potrebbe dire che Omid Abolhasani fa parte di un esperimento. In quanto iraniano, è uno dei rappresentanti di oltre 50 nazionalità che convivono quassù. Considerando che l’intera popolazione non arriva nemmeno a 3.000 abitanti, si tratta di un’alleanza rara. Un esempio straordinario di diversità, proprio qui, alle soglie dell’Artico, ben oltre ogni consueta zona di comfort.

Forse, però, sono proprio le difficili condizioni di vita a creare fratellanza. Le notti polari senza fine, la solitudine, la natura selvaggia.

A Spitsbergen vivono australiani, donne provenienti da Thailandia, Vietnam, Spagna, Germania. Qui si guadagnano da vivere tecnici pakistani, insieme a nivologhe arrivate dal Canada e gestori di pub norvegesi. Al supermercato ci si imbatte nei piloti di gatto delle nevi venuti dalla Polonia, in dipendenti di hotel originari delle Filippine o in Paulina, ungherese, che nel negozio di articoli da outdoor vende berretti di lana e scaldamani ai visitatori infreddoliti.

A Spitsbergen non si è semplicemente sulla stessa barca: qui si convive all’interno di un congelatore ai confini del mondo.

Il selvaggio ovest avrà sicuramente il suo fascino. Ma il selvaggio nord è tutta un’altra storia.

Oggi questo luogo assume un nuovo significato, per ragioni ben diverse. Spitsbergen è diventata un luogo pionieristico sotto molti aspetti. Giù al villaggio si trova l’Università delle Svalbard, frequentata da scienziati di oltre 30 paesi che usano il centro come base per le loro ricerche sul campo. Nell’epoca del cambiamento climatico, lo University Centre di Svalbard si è trasformato in un punto nevralgico. Da qui partono centinaia di progetti, migliaia di dati convergono sotto questo stesso tetto. Spitsbergen, la fine del mondo? Niente affatto. Proprio qui si cercano nuovi inizi, nuove risposte a domande di urgente rilevanza globale. Quanto velocemente si scioglie il ghiaccio? Come stanno cambiando gli ecosistemi?

Proprio davanti all’università comincia la bellezza incontaminata della natura. Montagne candide come neve. Valli e conche illuminate dal sole che sembrano un mondo ricoperto di zucchero a velo.

University of Svalbard
Questo mondo selvaggio si è ormai trasformato in un palcoscenico per la ricerca moderna. Eppure continua ad attrarre anche gli avventurieri. Come Audun Salte, il signore degli husky. Vive nella sua fattoria alle porte di Longyearbyen, con la famiglia e 135 cani. Ogni giorno Audun trascorre fino a dieci ore immerso nella natura, accompagnando i visitatori verso i ghiacciai e le grotte di ghiaccio oltre il passo Krekling.
Questo mondo selvaggio si è ormai trasformato in un palcoscenico per la ricerca moderna. Eppure continua ad attrarre anche gli avventurieri. Come Audun Salte, il signore degli husky. Vive nella sua fattoria alle porte di Longyearbyen, con la famiglia e 135 cani. Ogni giorno Audun trascorre fino a dieci ore immerso nella natura, accompagnando i visitatori verso i ghiacciai e le grotte di ghiaccio oltre il passo Krekling.

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Amalie Siljebråten è approdata a Spitsbergen proprio per vivere esperienze come queste. La ventiquattrenne norvegese è una guida naturalistica, un’esperta di tecniche di sopravvivenza, valanghe, fauna e lettura delle tracce. In estate conduce gommoni verso le balene, le foche e le orche che popolano le baie. In inverno sfreccia in motoslitta fino alla deserta costa orientale, fin sopra le rocce di Sassenfjorden e Vindodden.

“Amo i contrasti”, dice. “Qui si trovano sempre e ovunque. Estate e inverno. Calma e tempesta. Sole e neve. Dal cielo limpido a una bufera di neve in pochi minuti. Il tempo è sovrano, più imprevedibile di ogni orso polare.” A cinquanta all’ora sfreccia sulle piste ghiacciate, addentrandosi in profondità nella valle di Innerhytta. La neve si solleva vorticosamente, le lame stridono sul ghiaccio nudo. Poi il cielo si fa scuro. La terra si trasforma in una superficie fatta di luce diffusa, come se la guidasse dentro a un foglio bianco.

La sua meta è una grotta di ghiaccio persa nel nulla. Una fessura che conduce nel cuore della terra bianca. E lì si apre un capolavoro sotterraneo: una cattedrale di ghiaccio cristallizzata in milioni di motivi. È proprio questo che Amalie Siljebråten vuole mostrare ai visitatori. Il lato fiabesco, la magia. Uno di quei luoghi rari dove il pianeta si rivela ancora nella suo arcaico splendore.

Ma in mezzo a una natura plasmata da milioni di anni di esistenza, la modernità è ormai arrivata da tempo. Anche questo fa parte dell’Artide che cambia. Nessuno lo sa meglio di Terje Aunevik, il sindaco di Longyearbyen. Siede al primo piano del municipio, senza scarpe e con calze di lana grigie.

Terje Aunevik, 56 anni, racconta della trasformazione che Spitsbergen sta vivendo in questi anni. Si parla del polo di ricerca, che si vuole aprire ancora di più al mondo. Si parla di turismo, che non deve mai sfuggire di mano. Si parla di geotermia, dell’uso del calore della terra come nuova fonte di energia. “Tutte le case e gli appartamenti qui da noi sono già interconnessi”, spiega il sindaco.

Spitsbergen è una delle destinazioni di viaggio più estreme del pianeta.

La sua meta è una grotta di ghiaccio persa nel nulla. Una fessura che conduce nel cuore della terra bianca. E lì si apre un capolavoro sotterraneo: una cattedrale di ghiaccio cristallizzata in milioni di motivi. È proprio questo che Amalie Siljebråten vuole mostrare ai visitatori. Il lato fiabesco, la magia. Uno di quei luoghi rari dove il pianeta si rivela ancora nella suo arcaico splendore.

Ma in mezzo a una natura plasmata da milioni di anni di esistenza, la modernità è ormai arrivata da tempo. Anche questo fa parte dell’Artide che cambia. Nessuno lo sa meglio di Terje Aunevik, il sindaco di Longyearbyen. Siede al primo piano del municipio, senza scarpe e con calze di lana grigie.

Terje Aunevik, 56 anni, racconta della trasformazione che Spitsbergen sta vivendo in questi anni. Si parla del polo di ricerca, che si vuole aprire ancora di più al mondo. Si parla di turismo, che non deve mai sfuggire di mano. Si parla di geotermia, dell’uso del calore della terra come nuova fonte di energia. “Tutte le case e gli appartamenti qui da noi sono già interconnessi”, spiega il sindaco.

Spitsbergen è una delle destinazioni di viaggio più estreme del pianeta.

È chiaro perché un luogo come Spitsbergen possa essere un modello anche su larga scala. “Viviamo lontano dal resto del mondo”, dice il sindaco. “Senza collegamenti a reti esterne, senza alcuna fornitura di energia dall’esterno. E se qui riusciamo a gestirci in modo intelligente, lo si può fare ovunque.”

Ma lo sguardo è rivolto anche al futuro. Durante l’inverno a Spitsbergen si tengono festival di blues e jazz che richiamano musicisti da tutto il mondo. I proventi della vendita di alcolici confluiscono in un fondo destinato esclusivamente alla promozione culturale. Così è nato un centro per artisti in residenza e un teatro per la scuola.

“No, no”, dice Aunevik. “Quassù non ci si annoia mai.” Nel pomeriggio si concede una passeggiata per il paese. Il cielo blu profondo fa da sfondo alle montagne, nelle case si accendono le luci. Fuori ci sono 15 gradi sotto zero. Aunevik indossa un anorak, jeans, nessun berretto e scarpe da ginnastica sorprendentemente leggere. Almeno si alza il colletto. Il suo respiro si tramuta in una nuvola che si eleva sopra la sua testa. È così il sindaco di Spitsbergen cammina per il gelido paese ai confini del mondo.

“Ne ho bisogno”, racconta. “Senza non riesco a pensare. Un’ora di gelida aria polare ogni sera.”

È chiaro perché un luogo come Spitsbergen possa essere un modello anche su larga scala. “Viviamo lontano dal resto del mondo”, dice il sindaco. “Senza collegamenti a reti esterne, senza alcuna fornitura di energia dall’esterno. E se qui riusciamo a gestirci in modo intelligente, lo si può fare ovunque.”

Ma lo sguardo è rivolto anche al futuro. Durante l’inverno a Spitsbergen si tengono festival di blues e jazz che richiamano musicisti da tutto il mondo. I proventi della vendita di alcolici confluiscono in un fondo destinato esclusivamente alla promozione culturale. Così è nato un centro per artisti in residenza e un teatro per la scuola.

“No, no”, dice Aunevik. “Quassù non ci si annoia mai.” Nel pomeriggio si concede una passeggiata per il paese. Il cielo blu profondo fa da sfondo alle montagne, nelle case si accendono le luci. Fuori ci sono 15 gradi sotto zero. Aunevik indossa un anorak, jeans, nessun berretto e scarpe da ginnastica sorprendentemente leggere. Almeno si alza il colletto. Il suo respiro si tramuta in una nuvola che si eleva sopra la sua testa. È così il sindaco di Spitsbergen cammina per il gelido paese ai confini del mondo.

“Ne ho bisogno”, racconta. “Senza non riesco a pensare. Un’ora di gelida aria polare ogni sera.”

Marc Bielefeld
Autore
Dalla mongolfiera al deserto, fino al mare e al ghiaccio: in dodici reportage e podcast coinvolgenti, l’autore narra viaggi affascinanti e incontra persone straordinarie.
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Jens Görlich
Fotografo
Momenti incredibili, felicità silenziosa, scene commoventi: il fotografo di Francoforte non si separa mai dalla sua macchina fotografica e cattura ciò che le parole non riescono a esprimere.
(Il link verrà aperto in una nuova finestra)
Lufthansa
Aluminium Collection

Compagni di viaggio
A Spitsbergen il nostro bagaglio è atterrato a meno 18 gradi Celsius. Ha camminato tra cumuli di neve, viaggiato su slitte trainate da cani e motoslitte, fino a raggiungere grotte di ghiaccio sotterranee.

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